Buona, ovviamente!
Cioè priva di quelle sostanze, siano esse naturali (elementi pericolosi, come l’arsenico, a volte contenuti in grande quantità in alcune falde; residui di cadaveri animali caduti presso la sorgente; microrganismi responsabili di infezioni…) o artificiali (inquinanti industriali; antiparassitari e altri trattamenti agricoli…) che potrebbero svolgere un effetto tossico sul nostro organismo.
Ma anche dotata di un certo quantitativo di sali minerali (raccolti grazie alla minima erosione delle rocce durante il percorso a partire dalla caduta della pioggia-neve, poi lungo le vie sotterranee, fino alla sorgente), importanti per favorire la digestione e per integrare le scorte, a volte carenti negli alimenti solidi, di cui l’organismo ha un costante bisogno.
E infine caratterizzata da un gusto gradevole, che invogli a bere.
Lungi dall’essere “insapore”, l’acqua possiede infatti un ben preciso ventaglio di caratteristiche gustative, ai due estremi del quale si pongono l’acqua di alta montagna, troppo povera di sali e quindi (lei, sì) insapore, e la ben più sgradevole acqua di acquedotti ad alto rischio infettivo, cioè fortemente clorata dalla mano dell’uomo proprio per prevenire questo rischio.
L’acqua “buona” si trova al centro di questa gamma.
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